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La tecnica dello "sgraffito" a Firenze
Risalente alle pitture primitive e utilizzata già ampiamente
in epoca medievale, la tecnica dello sgraffito fu in voga nel Rinascimento,
in particolare a Firenze e Roma, andando di pari passo con la diffusione della
decorazione a grottesche.
Il nome deriva dallo strumento appuntito utilizzato per questa tecnica,
chiamato “sgraffio”, e dal metodo di creare immagini graffiando la superfice di
lavoro.
Giorgio Vasari è il primo a descrivere
nel dettaglio questa tecnica nella seconda edizione delle sue Vite del 1568, nella Vita di Andrea di
Cosimo Feltrini (1477-1548), uno dei principali specialisti nell’ambito insieme
a Bernardino Poccetti, il maestro delle grottesche.
Vasari spiega come questa sia una
tecnica ibrida di disegno e pittura insieme, perfetta per decorare facciate di
case e palazzi grazie alla sua velocità di esecuzione e alla sua resistenza
alle intemperie.
La tecnica consiste nello stendere 2 strati di intonaco, uno scuro e uno
bianco. Sul secondo strato viene riportato il disegno usando la tecnica dello
spolvero: si appoggia il cartone con l’immagine precedentemente bucherellata
lungo tutte le sue linee con un punteruolo e poi lo si spolvera con del
pigmento che passerà quindi nei buchi lasciando l’impronta del disegno.
Dopodiché si “graffiano” le linee
asportando alcune parti del disegno con uno strumento appuntito in modo da far
emergere l’intonaco scuro sottostante e creando così una raffinata immagine
bianca su fondo nero.
Successivamente è possibile dare una rifinitura con tinta ad acquerello per creare
contrasti e ombreggiature.
Basta passeggiare per le vie del centro fiorentino per veder apparire di quando
in quando uno di questi eleganti palazzi, riccamente decorati con la tecnica
dello sgraffito. Alcuni esempi che potete andare a vedere sono il Palazzo di
Bianca Cappiello e il Palazzo Corsini Suarez in Via Maggio, Palazzo Guicciardini nell’omonima via, Palazzo
Ramirez de Montalvo in Borgo Albizi e Palazzo dell’Antella in Piazza Santa Croce.