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Museo del Cenacolo di Andrea del Sarto a Florence

Oltre la stazione di Campo di Marte, nella zona di San Salvi, si cela un o dei più grandi capolavori del cinquecento: l’Ultima cena di Andrea del Sarto, il “pittore senza errori”, dipinta tra il 1511 e il 1530.
Andrea del Sarto aveva venticinque anni quando iniziò a lavorare all’affresco nel refettorio della Chiesa di San Michele a San Salvi, fondata nel 1048 da monaci vallombrosani. La chiesa è oggi famosa principalmente per due motivi: la strage dei monaci di San Salvi ad opera del vescovo simoniaco Pietro Mezzabarba, avvenuto tra 1065 e 1066, e per le meravigliose opere del Cinquecento che si trovano al suo interno.
Tra queste opere troviamo opere di Pontormo come Fede e Carità, al lato opposto del refettorio, La Madonna con bambino in trono tra San Francesco, San Zanobi e due donatori inginocchiati, di Raffaellino del Garbo, uno dei maestri di Andrea, un nucleo di dipinti di Plautilla Nelli (1524–1588), importante pittrice del Cinquecento e molte altre ancora.

Il grande capolavoro è però il Cenacolo di Andrea del Sarto, a cui il pittore inizia a lavorare partendo dal sott’arco. Qui dipinge cinque tondi con la Trinità al centro, San Giovanni Gualberto e San Salvi a sinistra, San Benedetto e San Bernardo degli Uberti a destra.
Ad alternare i tondi, una decorazione a grottesche in monocromo bianco su fondo giallo realizzata probabilmente da Andrea di Cosimo Feltrini, che più tardi decorò anche la Cappella dei Priori in Palazzo Vecchio.
Poco dopo il 1511 i lavori di costruzione alla nuova ala del monastero si interruppero e così l’opera del pittore, che riprese intorno al 1526 e concluse in circa un anno.
L’opera venne celebrata fin da subito, e leggenda narra che le truppe inviate dalla Repubblica nel 1529 a distruggere gli edifici fuori le mura per evitare che vi trovassero rifugio le truppe assedianti Firenze, ne rimasero talmente colpiti che non toccarono la chiesa.
Andrea prese ispirazione dall’Ultima cena di Leonardo da Vinci e quindi dallo studio dal vero di garzoni di bottega per poter ricreare le espressioni che caratterizzano i vari personaggi.
L’opera è infatti caratterizzata da sottigliezza psicologica, non ci sono drammi o atteggiamenti esasperati, ma ogni gesto è studiato ed esprime un’emozione.
Il colore, è brillante e molto diverso da quello della tradizione. Tutto ciò contribuisce a farne uno dei grandi capolavori del Cinquecento.
Nonostante questo il museo del cenacolo non è molto visitato poiché si trova fuori dai percorsi turistici del centro storico, seppur molto vicino. Per questo motivo l’esperienza di osservare questo capolavoro in una sala spesso quasi vuota è assolutamente imperdibile!

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