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Anselm Kiefer:Angeli Caduti a Palazzo Strozzi
C’è
ancora tempo per andare a vedere la mostra Anselm
Kiefer: Angeli caduti a Palazzo Strozzi e vi invitiamo caldamente a farlo.
Appena entrati nel cortile ci si trova ad ammirare Englessturz (La Caduta
dell’Angelo), un’enorme opera polimaterica alta sette metri che copre un intero
lato del porticato interno del palazzo.
La parte inferiore della superficie dell’opera è ricoperta di vestiti di vario
tipo (pantaloni, magliette, giacche), resi rigidi con uno speciale trattamento
e inseriti nell’opera per creare una texture.
Nella parte superiore un angelo, San Michele, è sospeso su fondo oro,
raffigurato mentre caccia gli angeli ribelli dal Paradiso, come descritto nei
testi dell’Apocalisse. Una lotta tra il bene e il male, tra spirituale e
terreno. Rappresenta l’intera umanità e i suoi drammi, raccontata nello stile
caratteristico dell’artista tedesco.
Kiefer ha riprodotto nel suo studio di Parigi le sale di Palazzo Strozzi in
scala 1:1 per decidere esattamente come sistemare le opere in mostra. La cura
maniacale dei dettagli è sicuramente valsa la pena, l’allestimento è
spettacolare e i visitatori della mostra ne rimarranno incantati.
Le sue opere enormi e di grande impatto visivo stabiliscono subito una forte
connessione con lo spettatore. Sono opere fatte di stratificazioni di materiali,come piombo, semi, fiori, terra, cera, sabbia, cenere
e tessuti.
L’artista
non ama raffigurare le figure, piuttosto i luoghi dove si sono consumati drammi
umani, scenari apocalittici, fatti di materia consumata, accartocciata su se
stessa, bruciata.
I colori che predilige sono quelli della terra, l’oro e il verde rame, collegato
a processi di ossidazione.
Una sala che toglie davvero il fiato è la n.6, dove si trova l’imponente
installazione dal titolo Verstraihlte Bilder (Dipinti
irradiati), composta da 60 opere che ricoprono le pareti e il soffitto e si riflettono
sul tavolo al centro della sala suscitando un senso di vertigine nello spettatore.
Sono dipinti effettivamente in qualche modo “irradiarti”, sottoposti a processi
per accelerare la naturale trasformazione dei materiali: l’artista lascia le
tele all’aperto esposte agli elementi e alle radiazioni solari, le seppellisce,
da loro fuoco, le immerge in acidi sottoponendole all’elettrolisi. Tutti
trattamenti di cui si vedono gli effetti solo col passare degli anni. La superficie
pittorica inizia a scolorire, si ossida, si deteriorare.
Una testimonianza potente e concreta di quanti danni possa fare l’essere umano
al pianeta e a sé stesso.
L’arte di Kiefer, proprio come la vita, è in continuo divenire e in costante
trasformazione, perciò le sue opere non sono mai da considerarsi come finite, perché
prevedono un’evoluzione nel tempo.
Sono opere poetiche, che riflettono sulla storia, la teologia, la vita, e ci
fanno fermare inevitabilmente a riflettere con loro.