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Masterpieces of Art: the scandalous Titian's Venus
La
Venere di Urbino, o semplicemente Venere di Tiziano, è uno dei
quadri più famosi della storia dell’arte, tanto ammirato quanto discusso, fu
fonte di ispirazione per molti artisti.
Guidobaldo II della Rovere di Urbino, commissionò questo quadro al pittore veneziano con l’intento di mostrare alla sua giovane sposa, Giulia da Varano, l’esempio di moglie che lui si aspettava lei diventasse: una donna prima di tutto fedele e consapevole dei suoi doveri coniugali.
Ecco perché troviamo la ragazza rappresentata discinta sul letto, con una mano che copre le pudenda in atteggiamento allusivo, ed anche perché c’è un cagnolino – simbolo di fedeltà per eccellenza - accucciato ai suoi piedi.
Le
rose rosse, simboleggiano invece la dea Venere e la bellezza. Esse sfioriranno,
ma il cagnolino rimarrà per sempre accanto al padrone.
La posa della fanciulla deriva da quella della Venere pudica della statuaria classica, che già Giorgione aveva utilizzato nella sua Venere dormiente del 1510.
Tiziano
si ispira al dipinto di Giorgione, ma fa un’operazione di contemporaneizzazione
della Venere, la quale invece di essere inserita in un contesto classico,
si trova in un ambiente rinascimentale.
Sullo sfondo ci sono due ancelle, anch’esse vestite abbigliate secondo la moda
rinascimentale, che estraggono da una cassapanca degli abiti da far indossare
alla giovane sposa.
Nell’Ottocento, il dipinto di Tiziano tornò ad essere molto popolare tra gli artisti che ne trassero liberamente ispirazione per le proprie opere.
Ingres guardò
alla Venere di Urbino per dipingere La grande Odalisca
nel 1814, mentre Manet ne fece una rivisitazione moderna nel 1863 con la
sua Olympia, trasformando la giovane sposa/Venere in una
prostituta. Una rappresentazione che certamente fece arricciare qualche naso
accademico.
Ma
non solo gli artisti ne erano affascinati, anche gli scrittori trovavano da
ragionare sopra quest’opera d’arte. Mark Twain ne rimase
totalmente sconvolto quando la vide agli Uffizi, tanto che nel 1880, in A
Tramp Abroad, definì la Venere di Urbino come "il quadro più
indecente, il più vile, il più osceno che il mondo possiede".
La grandezza di quest’opera senza tempo è testimoniata proprio dal fatto che il
quadro è ancora lì, in uno dei musei più famosi al mondo, e continua a far
parlare di sé e ad essere ammirato, anche centinaia di anni dopo la sua
creazione.