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Jeff Koons.Shine a Firenze
Continua la serie di mostre dedicate all'arte contemporanea a Palazzo Strozzi, stavolta è il turno del
famosissimo Jeff Koons, che nel 2015 già aveva fatto parlare di sé con
la scultura dorata Pluto e Proserpina
esposta davanti a Palazzo Vecchio.
Jeff Koons. Shine porta a Palazzo Strozzi più di 30 opere lucide e colorate che
indagano il concetto koonsiano di shine (lucentezza).
Koons rimane affascinato dalle superfici riflettenti fin dalle sue prime
sperimentazioni, che includevano veri e propri specchi e contenevano già in
forma acerba gli elementi tipici della sua arte: superfici specchianti,
gonfiabili, giocattoli e riferimenti all’arte antica.
Le opere in mostra che più affascineranno i
visitatori sono sicuramente quelle della serie Celebrations e della più recente Popeye, come ad esempio Sacred
Heart (1994-2007), Baloon Dog (1994-2000),
Dolphin (2002) o Hulk (2004-2018). Opere colorate e divertenti, caratterizzate da
una forte ambiguità tra realtà e apparenza.
Sacred
Heart è un enorme cuore incartato, in equilibrio sulla punta, solo che
non si tratta di carta da regali, ma di acciaio inossidabile lucidato a
specchio. Una scultura pesantissima che trasmette un incredibile senso di
leggerezza, di allegria, di festività.
Allo stesso modo, Baloon Dog è una riproduzione in grande scala di un cagnolino fatto di palloncini, uno di quelli assemblati dai pagliacci alle feste per bambini.
Ancora più sorprendenti sono forse Dolphin e Hulk. Entrambe assemblage di oggetti: da un lato oggetti ready-made, come i basso-tuba e le pentole, dall’altra oggetti creati come le fedelissime riproduzioni di gonfiabili di in acciaio e in bronzo.
Quel che stupisce è la perfezione di queste
riproduzioni, che appaiono così leggere e così dettagliate da non lasciare
alcun dubbio sulla loro veridicità. Trovandosele davanti la tentazione di
toccarle è quasi irresistibile, l’occhio ci dice che sono morbide al tatto e
ripiene di aria, ma questa convinzione viene subito smentita dalle targhette
esplicative delle opere, su cui troviamo scritto alluminio e bronzo
policromato.
Dolphin e Hulk (Tubas).
Un’altra opera che fa un simile effetto è la famosissima Rabbit (1986), acquistata all’asta nel 2019 al prezzo record di 91 milioni di dollari. Si tratta della prima opera di Koons che riproduce in acciaio dei gonfiabili di plastica e come per le opere successive, la sensazione vedendola è proprio quella di volerla toccare per accertarsi di che materiale è fatto questo coniglio "gonfiabile" argentato.
Per riprodurre alla perfezione le pieghe della plastica i lavori di Koons vengono scrutinati meticolosamente dall’artista, solo pochi esemplari hanno la sua approvazione.
Basti pensare alla serie Gazing Balls, costituita da riproduzioni perfette di famose opere di scultura e pittura all’interno delle quali vengono inserite delle lucide sfere blu in vetro soffiato.
Koons esamina le sfere una ad una e ne approva
una su trecento. Sebbene spesso riproducano oggetti di uso quotidiano che
l’artista acquista a poco prezzo nei negozi di cianfrusaglie, in realtà la
qualità di queste opere è altissima.
Opere della serie Gazing Balls.
La mostra si conclude con opere della serie Antiquity che ribadisce ancora una volta l’interesse di Jeff Koons per l’arte antica.
Si tratta di due grandi sculture in acciaio
colorato e lucidato a specchio che si ispirano a piccole
statuette della fertilità paleolitiche, ancora una volta trasformate in
sculture di palloncini. Temi come la fragilità della vita, la sessualità,
l’infanzia e il respiro percorrono tutta la produzione artistica di Koons, e
queste opere in particolare racchiudono tutti questi elementi.
Balon venus lespugue (Red) e Baloon Venus Dolni Vestonice (Violet).
L’artista americano è convinto che l’arte non sia completa senza lo spettatore. Ogni opera è lucida e riflette l’ambiente circostante, incluso chi la guarda, inglobandolo, distorcendolo e restituendolo alla fonte. L’opera prende vita nel momento in cui viene osservata da vicino, e cambia continuamente in base all’osservatore e all’ambiente circostante. Una volta uscito dal museo, il visitatore si porta via con se la possibilità di questa interazione con l’opera e quindi l’opera stessa. Senza l’uno non esiste l’altro.
D’altra parte è proprio questo lo scopo principale dell’opera di Jeff Koons, rendere l’arte più inclusiva e democratica possibile.