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5 miti greci nell'arte

Ammirare un’opera d’arte e capire un’opera d’arte sono due cose ben diverse. Certamente, capire l’arte non è facile, ma almeno per quanto riguarda le opere del passato, ci aiuta il fatto che gli artisti utilizzavano spesso alcune tematiche ricorrenti. Conoscere almeno le più famose tra queste, può certamente essere utile, perciò oggi vi proponiamo 5 miti greci, per aiutarvi a comprendere meglio i capolavori che troverete a Firenze.

 

Nascita di Venere

 

Venere (per i greci Afrodite) è uno dei personaggi della mitologia che troviamo più spesso rappresentata nella storia dell’arte. Divinità dell’amore, della fertilità e della bellezza, era una delle dee più antiche e importanti insieme ad Artemide, Atena ed Era.

Secondo la leggenda, il Titano Crono, decise insieme alla madre Gea di spodestare il padre Urano, che aveva trattato i suoi figli come fossero nient’altro che mostruosità.

Con la falce che Gea gli aveva donato, Crono recise i genitali di Urano e li gettò nel mare, nei pressi dell’isola di Cipro.

Proprio qui, dalla schiuma del mare agitato, nacque Venere, ecco perché nei dipinti la si vede spesso sorgere nuda dalle acque. In alcune trasposizioni invece, si racconta che ella uscì da una conchiglia, versione resa celebre dal famoso quadro di Botticelli.

 

Venere

Nascita di Venere (1485–1486) di Botticelli - Firenze, Galleria degli Uffizi


Perseo e Medusa

 

Perseo è un altro personaggio che fu molto amato dagli artisti, e spesso rappresentato in dipinti e sculture antiche insieme alla terribile Medusa.

Medusa era una delle tre gorgoni, che avevano il potere di pietrificare chiunque le guardasse negli occhi. Era la più bella e l’unica mortale delle tre. La sua bellezza era tale da suscitare l’ammirazione sia degli uomini che degli dei. Per questo, fu tramutata in un orribile mostro da Atena, gelosa della sua bellezza, o più probabilmente come punizione per aver giaciuto (seppur contro la sua volontà) con Poseidone.

Perseo era invece figlio di Zeus e di Danae, quest’ultima una donna bellissima, che il re Polidette voleva sposare a tutti i costi. Lei però, non lo ricambiava e aveva affetto solo per il figlio.

Polidette decise allora di liberarsi di Perseo, facendogli credere di essere interessato a sposare un’altra e chiedendogli come regalo di nozze un dono che sapeva sarebbe stato molto pericoloso da ottenere: la testa di Medusa.

Polidette non poteva certo immaginare che Perseo avrebbe ricevuto un grandissimo aiuto nella sua impresa. Le ninfe gli donarono dei sandali alati per spostarsi molto velocemente via aria, una bisaccia e l’elmetto di Ade, che lo avrebbe reso invisibile. Hermes gli donò una falce affilata e uno scudo splendente.

 

Così armato, Perseo raggiunse le gorgoni e aspettò che si addormentassero. Sapendo di non dover guardare direttamente negli occhi medusa, usò lo scudo come uno specchio per poterla vedere solo in riflesso, e quando fu il momento giusto riuscì a decapitarla con la falce in un sol colpo.

Da allora, il giovane eroe tenne nella bisaccia la testa di Medusa, che non aveva perso il suo potere, e la utilizzò per sconfiggere i suoi nemici tramutandoli in pietra.



Perseo

Perseo con la testa di Medusa (1545-1554) di Benvenuto Cellini - Firenze, Loggia dei Lanzi

 

Leda e il cigno

 

I miti greci sono pieni di storie di dei che si innamora di donne mortali e decidono di possederle. Quella di leda è una di queste storie. Lei era la bellissima regina di Sparta, tanto bella che Zeus se ne innamorò.

Mentre Leda dormiva sulle sponde di un laghetto, fu svegliata da un candido cigno, che le si avvicinò e la sedusse, grazie anche al forte profumo di ambrosia emanato dall’animale, che inebriò la donna.

Questo cigno era nientemeno che Zeus, maestro delle metamorfosi, sempre compiute al fine di avvicinare le donne di cui si invaghiva.

Da due uova, generate da questa unione, nacquero dei gemelli: Castore e Polluce, e Clitennestra ed Elena di Troia.

Una storia che ha stimolato le fantasie erotiche di molti artisti, quindi molto spesso rappresentata in pittura e scultura.



Venere

Leda (1512 -1513) attribuito a Pontormo - Firenze, Galleria degli Uffizi

 

Liberazione di Andromeda

 

La vicenda di Andromeda comincia quando sua madre, la regina Cassiopea, dichiarò che lei e sua figlia erano più belle delle Nereidi, le seducenti ninfe marine.

Ciò offese le Nereidi e Poseidone, che per punizione mandò l’orribile mostro Ceto a devastare le coste del regno di re Cefeo, consorte di Cassiopea.

Cefeo chiese aiuto all’Oracolo di Ammone, il quale sentenziò che per quietare il mostro doveva sacrificare la sua figlia vergine: Andromeda.

La povera Andromeda venne allora incatenata ad una roccia in riva al mare in attesa del mostro, ma per sua fortuna di lì passò il giovane Perseo che si innamorò a prima vista della bella fanciulla in difficoltà.

Dopo che ella gli ebbe raccontato la sua storia, lui decise di aiutarla, uccise il mostro e infine la fece sua sposa. Dopo molto dolore, un lieto fine meritato per la povera Andromeda.



Venere

Liberazione di Andromeda (1510-1513) di Piero di Cosimo - Firenze, Galleria degli Uffizi

 

 

Lacoonte

 

Meno lieta purtroppo, fu la sorte di Laocoonte, un sacerdote troiano la cui vicenda ha luogo proprio durante lo scontro finale della decennale Guerra di Troia.

All’arrivo in città del famoso cavallo progettato da Ulisse, Lacoonte fu l’unico che trovò questo dono sospetto. Corse verso il cavallo e gli scagliò contro la sua lancia, dichiarando:

“Temo i greci, anche quando portano doni”.

 

Per aver tentato di ostacolare il piano di Ulisse, la dea Atena, protettrice dei greci, scatenò due enormi serpenti, Porcete e Caribea, contro i figli del sacerdote. A nulla valsero gli sforzi di Lacoonte per salvarli; i due mostri lo stritolarono nella loro morsa e divorarono i suoi figli.

Come ci racconta Virgilio nell’Eneide, Lacoonte muore emettendo dei lamenti in preda ad un dolore immenso. Una storia triste storia quella del sacerdote, che ammonisce, e ci mostra cosa accade a chiunque tenti di andare contro il volere degli dei.



Lacoonte

Lacoonte (1520-1525) di Baccio Bandinelli, copia dell’opera romana - Firenze, Galleria degli Uffizi



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