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Girolamo Savonarola: un eretico a Firenze
Firenze
è un luogo pieno di storia e di storie, e certe volte, senza neanche
accorgercene, ci ritroviamo a camminare proprio sopra di esse. Questo potrebbe
esservi accaduto in Piazza della
Signoria, dove una grande targa di
marmo posta sul pavimento della piazza, proprio di fronte alla fontana di
Nettuno, ci ricorda un evento accaduto secoli fa, che vide protagonista un
frate di nome Girolamo Savonarola.
Savonarola
nacque a Ferrara nel 1451, interruppe gli studi di medicina per dedicarsi alla
teologia e nel 1482 fu mandato nel convento fiorentino di San Marco, incaricato di predicare dai pulpiti delle
chiese fiorentine.
All'inizio non fu molto apprezzato, per il suo accento romagnolo e per le sue
prediche, estremamente rigide nei confronti della chiesa e della città; anche
perché fin da subito predisse l'arrivo di un flagello causato dai peccati degli
uomini e dai cattivi pastori della Chiesa.
Piano piano però si guadagnò il supporto della popolazione più povera e degli
avversari della famiglia Medici,
predicando davanti a Palazzo Vecchio e affermando che tutto il bene e il male
di una città provenivano dai suoi leader, uomini corrotti che sfruttavano i poveri e
imponevano loro pesanti tasse.
Lorenzo il Magnifico lo ammonì
più volte di non tenere sermoni del genere, ma il frate domenicano
non lo ascoltò mai, anzi, in un altro sermone preannunciò la sua fine: "io sono forestiero e lui cittadino e
il primo della città; io ho a stare e lui se n'ha a andare".
Savonarola non solo si ribellò contro il padrone di Firenze, ma anche contro il
papa Alessandro VI, che aveva cercato di impedirgli di predicare, ma era stato
costretto a revocare tutte le misure emesse contro il frate a causa delle
pressioni ricevute dai fiorentini che erano stati stregato dai suoi appassionati
sermoni.
Predica dopo predica, Savonarola divenne politicamente influente, e durante la
Repubblica stabilita nel 1494 - a seguito della temporanea espulsione dei
Medici dalla città - fece chiudere le taverne e cacciare le prostitute da
Firenze.
Nel 1497 Savonarola organizzò un falò
delle vanità, in cui furono bruciati oggetti d'arte, dipinti dal contenuto
pagano, abiti lussuosi e gioielli.
Aveva creato una nuova democrazia, libera dalla corruzione dei potenti ma dove
regnava un altro tipo di dittatore.
Presto arrivò la scomunica del Papa,
che risultò poi essere un falso forgiato solo per distruggere il frate; ma
nonostante tutto Savonarola continuò la sua campagna contro i peccati della
Chiesa.
Dapprima la Repubblica fiorentina lo appoggiò, ma poi, per paura di
un'interdizione papale, gli tolse il sostegno ed il partito restaurato dei Medici lo fece arrestare e processare per
eresia nel 1498.
Il frate non aveva intenzione di arrendersi e si barricò nel convento di San
Marco.
Un combattimento infuriò per tutta la notte, fino a quando Savonarola fu
catturato e condotto alla Torre di Arnolfo a Palazzo Vecchio, dove subì interrogatori e torture: la
tortura della fune, quella del fuoco sotto i suoi piedi e poi fu posto per
un'intera giornata sul cavalletto, che gli causò dislocazioni in tutto il
corpo.
Il 23 maggio 1498 fu mandato al
patibolo, che si ergeva in Piazza della Signoria ad
un’altezza di cinque metri, su una catasta di legna. Lì Savonarola fu impiccato
e bruciato sul rogo insieme ad altri due frati.
Le ceneri furono portate via e gettate in Arno da Ponte Vecchio, anche se
alcuni dei seguaci di Savonarola cercarono di rubarne un po': alcune nobildonne
vestite da serve, andarono in piazza con dei vasi per raccogliere le ceneri,
dicendo che volevano usarle per il bucato.
Durante la notte qualcuno decise di rendere omaggio alla memoria del
predicatore, coprendo di fiori il luogo in cui l'esecuzione si era svolta,
dando inizio alla tradizione della
Fiorita: nel punto esatto in cui è stato bruciato Savonarola, vengono
sparsi petali di rosa e durante una cerimonia che Inizia con una messa nella
Cappella dei Priori di Palazzo Vecchio e termina con una parata verso Ponte
Vecchio, i petali di rosa vengono poi gettati nel fiume Arno.
Dopo secoli una targa in marmo ci ricorda ancora quel giorno che vide la fine
di Girolamo Savonarola, un personaggio discusso, è vero, ma anche un uomo che
non aveva paura di predicare "cose nuove" e denunciare la corruzione
di coloro che stavano al potere, anche quando significava denunciare la Chiesa stessa.