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Jean de Boulogne: un fiammingo a Firenze

Gli scambi commerciali tra Firenze e le Fiandre iniziarono a partire dal XV secolo. Molte famiglie fiorentine commissionarono agli artisti fiamminghi opere che una volta arrivate qui, influenzarono notevolmente gli artisti locali.
Oltre alle opere arrivarono dalle Fiandre anche alcuni artisti, molti dei quali impegnati nell’arazzeria medicea fondata da Cosimo I nel 1545. L’artista che ebbe più fama a Firenze fu certamente il grande scultore Jean de Boulogne, altrimenti conosciuto come Giambologna.
Giambologna arrivò nel 1550 a Roma in un viaggio di studio per osservare da vicino la statuaria antica e le opere del grande Michelangelo, qui l’intellettuale Bernardo Vecchietti lo conobbe e ne intuì il potenziale. Lo prese sotto la sua ala e lo portò in Toscana, ospitandolo nella su Villa il Riposo a Grassina, nei pressi di Firenze.
Fu proprio a Firenze che il Giambologna trovò la sua fortuna. Abilissimo nel lavorare tutti i materiali, divenne lo scultore prediletto dei Medici, in particolare di Francesco I che lo chiamò a lavorare per commissioni di prestigio. Una fra tutte fu la decorazione del suo famoso Studiolo in Palazzo Vecchio, alla quale Giambologna partecipò insieme a numerosi altri artisti, realizzando il bronzetto di Apollo da porre in una delle nicchie con statue raffiguranti divinità agli angoli della stanza.
Per Francesco I, che aveva acquistato una villa a Pratolino per trasformarla in parco delle meraviglie, Giambologna realizzò anche l’imponente scultura alta quattordici metri, raffigurante il Colosso dell’Appennino. Un capolavoro assoluto, purtroppo spesso dimenticato essendo fuori portata per i turisti che visitano Firenze ogni anno, ma resta un’opera tra le più belle mai create dalle mani sapienti del Giambologna.
La sua opera più famosa è invece il Ratto delle Sabine, altro capolavoro del Manierismo che si trova ben in vista sotto la Loggia dei Lanzi in Piazza Signoria, accanto ad un’altra opera di Giambologna raffigurante Ercole e il centauro Nesso. A testimonianza dell’eccellenza dell’artista fiammingo, il Ratto delle Sabine fu scolpito in un solo blocco di marmo da cui egli ricavò ben tre figure estremamente dinamiche. Una donna che cerca di sfuggire alla presa di un uomo più giovane, e sotto alle due figure un uomo più anziano che guarda la scena disperato. Una scultura piena di movimento, un alternarsi di spazi pieni e vuoti e linee spezzate che vanno a creare la prima statua con punti di vista multipli.
Una curiosità riguardante quest’opera, è che Giambologna non intendeva assolutamente raffigurare il Ratto delle Sabine, tutto ciò che voleva fare era dimostrare a sé stesso e agli altri che era in grado di trarre una serie di figure in movimento da un solo blocco di marmo. Fu costretto a dare un titolo all’opera però, nel momento in cui Francesco I decise di esporla in Piazza della Signoria perché tutti la potessero vedere, e non era possibile lasciare lo spettatore nel dubbio di cosa stesse guardando.
In generale Giambologna non amava dare etichette alle sue opere, lui creava arte per amore dell’arte, per superarsi ogni volta; cosa stesse rappresentando non era poi così importante fintantoché lui riuscisse a creare qualcosa di veramente bello e degno d’ammirazione.
Negli ultimi anni della sua carriera, l’ormai anziano artista fiammingo si dedicò alla realizzazione di monumenti equestri, un tipo di scultura che metteva bene in vista la sua bravura. Il monumento di Cosimo I lo impegnò per dodici anni, ma la vecchiaia privò Giambologna solo della velocità d’esecuzione, certo non della maestria, come ben dimostra la statua il bronzo del primo Gran Duca di Toscana a cavallo che si erge di fronte a Palazzo Vecchio in tutta la sua fierezza e magnificenza.
Qualche anno dopo, iniziò a lavorare anche al monumento equestre per il figlio di Cosimo, Ferdinando I, che venne collocato invece in Piazza Santissima Annunziata.
Passeggiando in giro per la città ci si accorge di quanto ci abbia lasciato il grande maestro fiammingo, dalle più famose opere già citate a opere come la statua di San Luca sulla facciata della chiesa di Orsanmichele , o il curioso diavoletto posto sull’angolo di palazzo Vecchietti o il bellissimo bronzo del Mercurio Volante conservato al Museo del Bargello.
Un patrimonio di inestimabile valore che senza dubbio contribuisce a fare del capoluogo toscano una delle più belle città al mondo.

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